Dopo la morte di George Floyd, il 46 afroamericano ucciso a Minneapolis durante un fermo di polizia, la Nike ha lanciato Don’t do it, una nuova campagna contro il razzismo. Già nel 2018 la Nike aveva dato il suo contributo nella lotta alle discriminazioni razziali, con una campagna pensata per i trent’anni di Just do it. Tra i testimonial c’era Colin Kaepernick, atleta in prima linea contro il razzismo. La campagna fu fortemente criticata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
La campagna della Nike: Don’t do it
“Don’t pretend there’s not a problem in America”. Non fingere che non ci sia un problema negli Stati Uniti. Inizia così Don’t do it. Con una comunicazione semplice, ma efficace, lo spot della Nike arriva dritto all’osservatore grazie all’uso delle parole e al ricorso all’anafora. Il messaggio principale dello spot si può racchiudere nella frase conclusiva: “Facciamo tutti parte del cambiamento”. Non è più tempo di voltare le spalle. Il video, della durata di poco più di un minuto, è stato condiviso su YouTube e su tutti i canali social della multinazionale.
Black lives matter, non solo Nike
Non solo il marchio Nike ha espresso una posizione sulla vicenda. Anche Ben & Jerry’s, che già quattro anni fa si era schierato a favore del movimento Black lives matter (le vite dei neri contano), ha postato su Twitter la pagina internet del movimento due giorni dopo la morte di Floyd. “Questi attacchi brutali e razzisti devono finire”, recita il tweet, accompagnato dall’hashtag #JusticeForFloyd.
Anche altri brand si sono schierati con il movimento, soprattutto attraverso i social network, riprendendo l’hashtag del movimento #BlackLivesMatter.
Anche Facebook, YouTube, Instagram, Twitter, LinkedIn, TikTok, Pinterest e Snapchat hanno preso una posizione forte contro il razzismo. Quasi tutti hanno colorato di nero le immagini dei profili social, mentre alcuni hanno anche condiviso dei post in cui viene esplicitato un atteggiamento di supporto, spesso anche economico, contro il razzismo.